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Giulio Terrinoni

intervista a
Giulio Terrinoni
Chef ristorante Acquolina

cuoco non per caso


Quando nasce la passione di Giulio Terrinoni per la cucina?
L’amore per la cucina nasce dalla famiglia, sin da bambino. I miei genitori infatti avevano un ristorante in una località vicino Fiuggi. Si faceva una cucina tradizionale e di sola carne, ma ero affascinato da mia madre che cucinava. Ancora non sapevo che avrei fatto questa vita, ma se ci penso oggi posso far risalire ad allora la passione per questo lavoro.
Poi sono cresciuto e ho fatto altro, ho studiato, ho frequentato la scuola alberghiera (più che per vocazione per pigrizia, devo essere sincero, perché l’avevo davanti casa e la mattina sono sempre stato dormiglione).

E la passione per il pesce?
La passione per il pesce è nata con Angelo Troiani, mio socio ad Acquolina e mio grande amico. È nata così, su una spiaggia mangiando pesce. Avevamo davanti tutto quel pesce fresco, buono, dall’aspetto invitante e ci siamo chiesti “perché non apriamo un ristorante di pesce?” Piano piano è nata Acquolina e giorno dopo giorno la passione è cresciuta sempre più. Con la passione crescono il rispetto per la materia prima, la capacità di gestirla e di darle personalità senza rovinarla con manipolazioni inutili.

Prima di Acquolina non si dedicava solo al pesce…
No, prima di Acquolina ho lavorato come cuoco in locali dove il menu era suddiviso fra carne e pesce. Ho iniziato dal cinque stelle lusso del Palazzo della Fonte a Fiuggi dove la brigata era ancora concepita alla vecchia maniera. C’era lo chef che chiamava la comanda e quando un cliente ordinava un piatto di pesce c’era il vecchietto che prendeva il pesce dalla cella frigorifera, lo sfilettava, lo pesava sulla bilancia e poi lo passava all’addetto alla preparazione dei secondi piatti. Quella della cucina classica è stata una formazione importante per imparare le basi, la precisione. Perché la cucina non si può improvvisare, non si nasce cuochi per caso. Per esempio per capire come usare oggi i prodotti della cucina di Ferran Adrià bisogna prima sapere come si cucina un rombo, no?

Oggi definirebbe la sua cucina più libera o legata a delle regole?
Oggi posso definire la mia cucina libera, personale, mia, istintiva. Alle spalle però ci deve essere la tecnica e quella la impari sul campo.

Ci racconta un incontro fondamentale nella sua esperienza professionale e personale?

Mia madre è stata sicuramente la mia prima maestra. La mia terra d’origine rimane in generale un punto di riferimento importante. Alcuni dei piatti che realizzo oggi giocano con i sapori con i quali sono cresciuto e che però sono soprattutto sapori di terra perchè il mare lì non c’è. Mi diverto a mescolare i sapori della terra con quelli del pesce, dalle olive all’ascolana, alla triglia alla cacciatora, alla carbonara di mare. Ho un punto di partenza e ci gioco, usando l’esperienza, la tecnica e l’estro.

Quando va a fare la spesa, oltre alla freschezza degli ingredienti, c’è qualche prodotto in particolare che la attrae?
Si, assolutamente. Vado a fare personalmente la spesa tutti i giorni, sia della verdura sia del pesce. In pescheria cerco di non farmi catturare da classici come aragoste, astici, gamberoni rossi… che per carità, sono buoni e facili da proporre, però io mi diverto di più a esaltare altri prodotti. Sono quelli che io chiamo “pesce scomparso dalle tavole” perché meno di moda. E non è pesce povero, perché la triglia, l’alice, la spatola o pesce bandiera hanno il loro prezzo.
Uso la ricciola anziché il tonno (che ad Acquolina non entra più) per una questione etica e per una ribellione alla moda. Quando abbiamo iniziato il tonno la faceva da padrone. Avevo in frigo il S. Pietro, un ottimo pesce e nessuno lo ordinava, così come la triglia e lo scorfano. Tutti chiedevano un antipasto con tonno, un primo con tonno e un secondo con tonno e se ci fosse stato un dolce con tonno avrebbero preso anche quello.
Senza pensare o sapere che in realtà il tonno è per lo più d’allevamento; crediamo di mangiare il tonno rosso e invece è il Pinna gialla che ha tutt’altro sapore e arriva da chissà dove…
Da lì è nata la decisione di non tenere più il tonno in carta e la folgorazione del maccarello declinato nella tartara. Oggi ci sono persone che vengono apposta ad Acquolina per assaggiare la tartare di maccarello, il sandwich di pesce spada con la mozzarella, le alici in crosta di pistacchio, diventate il piatto di benvenuto ai clienti che non manca quasi mai. Questa è la cifra di Acquolina, che cerca di essere un posto che non va dietro le mode ma che prova a crearle.


Ci sono tante alternative al tonno…

Moltissime, per esempio la ricciola, io la amo con erba cipollina, zenzero grattugiato, olio extra vergine, sale e pepe. Mi fa impazzire.

Questo succede anche con ingredienti diversi dal pesce?
Mi diverto molto anche al mercato di frutta e verdura perché ogni giorno trovo qualcosa di nuovo. Vedo i cipollotti che mi fanno impazzire e allora li metto con la pezzogna in guazzetto, è divertente… anche la frutta abbinata al pesce mi sfizia tanto [vedi le affinità elettive di Roma gourmet]… ieri abbiamo fatto un gambero rosso al mohjito, condito con zucchero di canna, molto divertente.

E i clienti vi seguono in questi giochi di gusto?
Cerco sempre di giocare, ma con prodotti che rassicurano il cliente. Perché la nostra clientela è soprattutto italiana e come sappiamo gli italiani sono si buongustai ma anche un po’ tradizionalisti.
All’inizio non presentare il rombo con le patate o la spigola al sale, seppure buonissimi, è stato difficile. Il locale sarebbe stato subito pieno, ma noi abbiamo scelto una linea diversa e la portiamo avanti.

Un piatto che ama molto cucinare?
Mi piace molto fare la pasta. Mi metto al centro della cucina, è una posizione di controllo, faccio la pasta e ci vuole tempo .. e intanto mi guardo a destra e a sinistra e riesco a controllare il lavoro dei ragazzi e così mi rilasso. Complice anche la musica giusta.

Ascolta musica quando cucina?
Si, mi piace molto. È un’eredità del passato, quando da ragazzino giravo molto da solo, in treno e in autostop. Ero un po’ vagabondo e la cosa che portavo sempre con me era la mia musica, perché era come avere un amico fidato accanto. Quindi anche in cucina la sento. E ascolto tutta la musica, dalla lirica all’hard rock all’elettronica di oggi ai classici dei Led Zeppelin fino ai Doors. La scelta della musica è naturalmente legata agli stati d’animo. Se inizio a lavorare la mattina presto in cucina sono capace di partire con i Deep purple, anche per svegliarmi. Nei momenti di relax, per esempio quando faccio la pasta, metto musica soft.

[ continua… ]

Ricette dello Chef Giulio Terrinoni su Roma gourmet



 

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