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Il “delivery menu” deve essere un’esperienza, non solo di gusto. L’esperienza Billis Osteria

Ho indossato un bel vestito e ho aperto la porta
alla “Cena spaziale” firmata Billis Osteria
consegnata a casa

Del perchè il “delivery” deve essere un’esperienza
non solo di gusto

Andare al ristorante da sempre rappresenta per me un rito, un’esperienza che va al di là di quanto servito nei piatti e che inizia con lo scegliere il locale, telefonare per prenotare il tavolo (incrociando le dita perché non capiti quello vicino al bagno o nell’angolo cieco, equivalenti del “dietro la lavagna” ancor prima di iniziare), vestirmi bene, salire in macchina e guidare fino alla meta. Quando suonavo il campanello di un locale nuovo sentivo un po’ di batticuore: un convivio completamente nuovo stava per iniziare e con un po’ di fortuna, e bravura altrui, non avrei mai voluto alzarmi da tavola…
Ora che al ristorante non si può andare, sono sempre più numerose le montagne golose che vengono da noi, e così una domenica indosso un bel vestito e apro la porta alla “Cena spaziale” della Billis Osteria, prenotata qualche giorno prima e che mi viene consegnata dal maître Filippo Billi in persona. Un primo aspetto molto rilevante, perché oltre a mantenere un minimo rapporto umano con un ristorante che frequentavo (dietro la mascherina si intuisce un sorriso), non ho usato alcuna app di consegne sulla cui tutela dei collaboratori non si hanno garanzie.
Avendo una passione per il packaging, il secondo piacere è scoprire la (spaziale) delivery. Lo sguardo si posa su contenitori esteticamente curati, realizzati con materiali che rispettano l’ambiente e, da quel che capisco leggendo le indicazioni sul sito web dell’azienda fornitrice, riciclabili (alcuni loro prodotti sono anche compostabili), dalle scatole quadrate di cartoncino scrigni di misticanze accuratamente posizionate dallo chef Alessandro Billi oppure di gnocchi natanti nel cacio e pepe, alle coppe trasparenti che danno asilo a carpacci e tartare. Un rovescio della medaglia del delivery è infatti l’aumento dell’uso di contenitori usa e getta, in un momento in cui dovremmo tutelare l’ambiente.
Proseguendo con l’esperienza gourmet a domicilio, dalla borsa di carta estraggo un foglietto sul quale sono elencati i piatti dai titoli invitanti, e un foglietto più piccolo sul quale è stampato un messaggio di ringraziamento e di speranza, firmato a penna da cuoco e sommelier. Altri doni sono un sotto bicchiere e un’etichetta linguacciuti, in stile bassista del Kiss. Trovo anche il pane preparato con farine Ottofile del tortonese (antica varietà di mais oggetto di riscoperta dagli anni ’80 e riproposta insieme ai suoi antichi criteri di lavorazione che, grazie alla essiccazione al sole e alla lenta macina a pietra naturale, ne salvaguardano le proprietà organolettiche, i profumi e il sapore) e poi sottili sfoglie di pane tostato all’uvetta, forse un appetizer, poi ottime con il piccione.
   Scelgo una tovaglia runner di cotone stampata a fiori allegri e piatti coloratissimi che mi sembrano adatti alla giornata e ogni preparazione trova il suo cavaliere di servizio: il Carpaccio di cappesante etereo e reso stuzzicante dal cuscino segreto di alga wakame, salsa teriyaki e yuzu atterra su un piatto bianco disegnato con un corallo, mentre la Tartare di cervo aromatica e profumata di frutto di bosco, lime, santoreggia, Parmigiano reggiano stagionato 36 mesi e aceto di ciliegie versato con cura certosina dentro i lamponi si posa su un piatto azzurro dai bordi in rilievo che nulla c’entra col bosco ma forse col cielo sopra di noi si.
Gli Gnocchi di patate gonfi e morbidi conditi alla Cacio e pepe e sormontati da teneri bottoni di anguilla arrosto di gusto finissimo (non per niente un papa che ne era ghiotto viene gettato da Dante nell’infernale girone dei golosi) su un piatto dai colori pastello poggiato su un’alzatina degli anni ’40 che ne esalta i profumi.
 Il tenero petto di Piccione è talmente sofisticato nella elegante presentazione e negli aromatici accostamenti ad ananas, peperone arrosto e salsa al jous ai ricci di mare, da pretendere una rosea mise en place tutta sua, mentre i Filetti di piccione stagionato infilzati da foglie d’alloro sono talmente a loro agio sul cuscino di aromi che mi limito a posare sulla tavola la scatolina, completando la misticanza con la vinaigrette ai tre aceti e curry verde come da istruzioni.
Dulcis in fundo, la sfera che racchiude le consistenze di cui si compone il dessert di Crema pasticcera al mango e maracuja con frolla al cocco si incastra perfettamente nel piatto fondo con vivaci disegni floreali.
Ogni assaggio è lentamente goduto come al ristorante, con il valore aggiunto di uscire ogni tanto nel mio piccolo amatissimo giardino segreto, per bere un sorso di vino avvolta dal profumo sprigionato dai fiori (no, non fumo e -posso dirlo?- provo un misto di irritazione e compatimento davanti a certe sfilate degli avventori-fumatori dei ristoranti che cancellano con una sigaretta i più pregiati sapori), momentaneo fondale alternativo a sale eleganti e servizio professionale. Piaceri ai quali un giorno si ritornerà ma non ora, perché non siamo pronti e non è il momento, dato il pericolo rappresentato dal virus per tutta la collettività.
 Se la fantasia è un posto dove ci piove dentro, come scrive Italo Calvino, è proprio nei momenti difficili che la creatività immagina espedienti che possono donare momenti di felicità e il delivery dei ristoranti d’autore deve regalare proprio questo, gratificazioni che lascino un ricordo. Perciò spero che i ristoranti continueranno a offrire queste esperienze anche alla riapertura prevista per giugno, fino a quando l’emergenza non sarà davvero finita grazie a un vaccino e, perché no, anche dopo, iniziando a pensare a oggi come organizzarle nel rispetto dell’ambiente e delle persone.

Maria Luisa Basile
maggio 2020

(riproduzione vietata)

Osteria Billis
Viale Piave 5
Tortona AL
Tel 0131 1710587
Whatsapp 392 9112362
Delivery Menu (emergenza covid 2020): antipasto, primo, secondo e dolce a scelta 35 euro

 

 

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