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Elogio del ghiaccio

AlfonsoIaccarino Marion Lichte
Prosciuttomelone Massimo Riccioli
AntonelloColonna Massimo Riccioli

A un secolo dalla conquista del Polo Nord, il ghiaccio continua a deliziare i gourmet. Ormai non solo in estate, dà sostanza a granite e sorbetti, è compagno di molti cocktails e letto da brivido di caviale e palpitanti ostriche. Ma quando nasce il gelato? …continua

Marion Lichte AlfonsoIaccarino
Agata Parisella Frutti di bosco
Sorbetto anguria Sorbetto di lime

1909-2009
La conquista
del Polo Nord

Il 6 aprile 1909 l’ingegnere della marina americana Robert Peary annuncia di essere riuscito a toccare per primo il Polo Nord, arrivandoci con quattro eschimesi e quaranta cani da slitta.
Pochi mesi dopo un altro esploratore, il medico Frederick Cook partito nel 1908 e poi dato per disperso, sostiene di aver raggiunto l’estremità terrestre un anno prima del rivale. Il clamore suscitato dalla disputa è tale che la rivista francese L’illustration immortala in un disegno i due esploratori mentre a suon di pugni si contendono la gloria della scoperta.

Molte e affascinanti sono le storie legate al tentativo di conquistare il Polo Nord. Per esempio quella del conte Bernhard Levetzow che nell’aprile 1087 parte da Vienna “con un collo inamidato alto cinque centimetri, redingote stretta alla vita e tuba” e scortato dalla cagnolina Fatinitza, pianta la bandiera sul suolo artico, azzuffandosi a sua volta con l’americano John Voit che alla cortese domanda dell’aristocratico “Desiderez-vous la planter en premier?” non ci aveva pensato due volte ad accogliere l’invito ottenendo in cambio un pugno vigoroso.

Epico è poi il viaggio della nave Admiral Tegetthoff dell’Imperial-regia Marina Austroungarica che nel marzo 1872 finanzia una spedizione artica per rintracciare il leggendario Passaggio a nordest, un varco fra i ghiacci dell’Artico che permetterebbe di raggiungere l’Oriente. Il comando della spedizione cosmopolita (il cuoco è austriaco) è affidato sul mare allo spirituale e filosofo sottotenente capitano di vascello Carl Weyprecht, quello sulla terra al materialista e ambizioso cartografo Julius Payer. Due caratteri opposti. Ben presto la nave si trova intrappolata fra i ghiacci e rimane in balia di un oceano sconosciuto per un tempo lunghissimo. Il ritorno avviene via terra, i reduci sono salvati da una baleniera e accolti in Europa come eroi, sino a che, i loro traguardi superati, ven€gono avvolti nell’oblio.



Bibliografia
Melania G. Mazzucco, Alla deriva tra i ghiacci in Domenica de Il sole 24 ore, 15 febbraio 2009 n. 45
Christoph Ransmayr, Gli orrori dei ghiacci e delle tenebre, 1984


L’invenzione del gelato

All’origine dei gelati c’è il sorbetto, inventato dagli antichi arabi per aiutare a combattere il calore delle loro terre. Sorbetto deriva infatti dalla parola araba “sherbet”.
Quando gli arabi occupano la Sicilia – prima dell’anno Mille – migliorano la produzione del sorbetto aggiungendo alla lavorazione frutti tipici dell’isola, dal limone all’arancia.
Secondo la tradizione, un abitante della “Terra di Trezza”, verso la fine del 1700, avrebbe notevolmente perfezionato la produzione inventando uno speciale “pozzetto” (antesignana della sorbettiera): ne sarebbero derivati i gelati. Un suo nipote, Procopio Coltelli, avrebbe poi esportato il sistema in Francia aprendo a Parigi il Café Procope, di gran moda nell’Ottocento e frequentato da La Fontaine, Voltaire, Balzac, Victor Hugo, Paul Verlaine e Anatole France, come ricorda una epigrafe sulla porta.
Secondo alcuni storici il gelato sarebbe stato esportato in Francia già nel Cinquecento da dolcieri fiorentini chiamati a Parigi alla corte della regina Caterina de’ Medici.
Tra il XVII e il XVIII secolo si afferma nelle ville delle famiglie nobili la ghiacciaia, un ambiente dove, dopo aver posto il ghiaccio o la neve compressa, vengono conservate le derrate alimentari.
La costruzione della ghiacciaia avviene scavando il terreno: con  sassi estratti si procede alla costruzione di una sala quasi totalmente interrata nella quale il ghiaccio viene accatastato e compresso contro le pareti.

Ricette degli chef – pesce

Tonno arrosto con panzanella alla romana, zabaione all’aceto
e mostarda di cipolle rosse di Tropea

ricetta dello Chef Riccardo Di Giacinto per il ristorante All’oro – Roma

dedicata a La Luna e i gourmet

[continua]

La Luna di Calvino

Tonno arrosto con panzanella alla romana, zabaione all’aceto e mostarda di
cipolle rosse di Tropea  (All’Alloro, Roma)

C’era un tempo, millenni e millenni fa, in cui la Luna era molto più vicina alla Terra di quanto lo sia ora. E lo era talmente tanto che, con l’alta marea delle notti di plenilunio, era addirittura possibile salirvi sopra…
“Andavamo con quelle barchette a remi che si usavano allora, tonde e piatte, di sughero…”
Italo Calvino, La distanza della Luna, in Le cosmicomiche, 1965

La barchetta con la quale lo chef Riccardo Di Giacinto del ristorante All’alloro favorisce l’incontro fra Luna e Terra è ricavata dalla fusione fra la panzanella romana e il tonno rosso siciliano, sapido convegno suggellato nella ricetta dalla dolcezza di zabaione al balsamico e mostarda di cipolla rossa di Tropea.
“… Il nostro lavoro era così: sulla barca portavamo una scala a pioli: uno la reggeva, uno saliva in cima, e uno ai remi intanto spingeva fin lì sotto la Luna; per questo bisognava che si fosse in tanti. Quello in cima alla scala, come la barca s’avvicinava alla Luna, gridava spaventato: – Alt! Alt! Ci vado a picchiare una testata! – Era l’impressione che dava, a vedersela addosso così immensa, così accidentata di spunzoni taglienti e orli slabbrati e seghettati. In realtà, d’in cima alla scala s’arrivava giusto a toccarla tendendo le braccia, ritti in equilibrio sull’ultimo piolo. Avevamo preso bene le misure (non sospettavamo ancora che si stesse allontanando); l’unica cosa cui bisognava stare molto attenti era come si mettevano le mani. Sceglievo una scaglia che paresse salda (ci toccava salire tutti, a turno, in squadre di cinque o sei), m’aggrappavo con una mano, poi con l’altra e immediatamente sentivo scala e barca scapparmi di sotto, e il moto della Luna svellermi dall’attrazione terrestre. Sì, la Luna aveva una forza che ti strappava, te ne accorgevi in quel momento di passaggio tra l’una e l’altra: bisognava tirarsi su di scatto, con una specie di capriola, afferrarsi alle scaglie, lanciare in su le gambe, per ritrovarsi in piedi sul fondo lunare. Visto dalla Terra apparivi come appeso a testa in giù, ma per te era la solita posizione di sempre, e l’unica cosa strana era, alzando gli occhi, vederti addosso la cappa del mare luccicante con la barca e i compagni capovolti che dondolavano come un grappolo dal tralcio.”
Italo Calvino, La distanza della Luna, in Le cosmicomiche, 1965
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Ricette degli chef – dolci

Crème brulée al Gorgonzola con pere

ricetta dello Chef Angelo Troiani per il ristorante Il Convivio Troiani – Roma
dedicata a “ La Luna e i gourmet

[continua]

Luna brulée per il Furioso Orlando

Crème brulée al Gorgonzola con pera (Il Convivio Troiani, Roma)

Furioso, l’Orlando, ha perso il senno. Ed è sulla Luna, là dove si ammassa tutto quanto viene perduto sulla Terra, che il Duca Astolfo, grande amico di Orlando, lo va a cercare a cavallo di un ippogrifo:
“…ove mirabilmente era ridutto
ciò che si perde o per nostro diffetto,
o per colpa di tempo o di Fortuna:
ciò che si perde qui, là si raguna.”

Lodovico Ariosto, Orlando Furioso, 1516, XXXIV, 73

Appena messo piede sul suolo lunare, e lasciata l’impronta del sproprio stivale, il paladino Astolfo arriva a un’immensa discarica nella quale giace una montagna di ampolline. Ciascuna contiene il senno di qualcuno, persino quello che Astolfo aveva perso in gioventù per amore. Ma come riconoscere quello di Orlando? Dall’etichetta!
“…Quella è la maggior di tutte, in che del folle
Signor d’Anglante era il gran senno infuso,
e fu da l’altre conosciuta, quando
avea scritto di fuor: Senno d’Orlando.”

Lodovico Ariosto, Orlando Furioso, XXXIV, 83

La lunare montagna di ampolline ricche di saggezza è raffigurata dallo chef Angelo Troiani come un mucchietto di pere, placidamente sonnecchianti sul goloso Mare della Tranquillità che la ricetta trasforma in crema e Gorgonzola.
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Luna rossa… alla granseola

Ravioli di granseola con infuso al pomodoro (Il Sanlorenzo, Roma)

Durante un’eclissi la Luna può assumere molte sfumature di colore che variano dal bruno al rosso mattone, dall’arancio al color rame, sino a diffondere un’ombra con un riflesso molto luminoso e bluastro.
La causa del fenomeno “Luna rossa” è la componente rossa del flusso luminoso proveniente dal Sole, la quale, rifratta dall’atmosfera terrestre, giunge fino alla superficie lunare.

Al ristorante Il Sanlorenzo di Enrico Pierri la Luna rossa appare nella forma di un globo di ravioli di pasta fresca farciti con granseola la cui dolcezza è enfatizzata da un altrettanto morbido infuso al pomodoro irrorato in tavola.
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Ricette degli chef – lumache

Lumachine di vigna con pomodorini

ricetta dello Chef Salvatore Commisso per il ristorante Acchiappafantasmi – Roma
dedicata a “ La Luna e i gourmet

[continua]

La Luna e le lumachine

Lumache di vigna e pomodorini calabresi
L’abitante della Luna visto da Herbert George Wells è assai bizzarro:
“Quell’affare non aveva naso, e aveva due occhi sporgenti ai lati – quando avevo visto il suo contorno li avevo presi per orecchie -, non aveva orecchie. C’era una bocca incurvata verso il basso, come una bocca umana in un viso che esamini ferocemente…” Herbert George Wells, I primi uomini sulla Luna
Due antennine sporgenti sono anche quelle delle lumache che a Roma erano tradizionalmente cucinate per la festa di S. Giovanni. La tradizione popolare ha distillato  una ricetta in una manciata di versi che esortano a mangiarle al chiaro di luna:
“Esci, esci corna
fja d’na donna,
esci, esci, che te torna;
c’è la sora Menicuccia
che cià pronta la mentuccia
ajo, ojo e peperoncino,
una presa di sale fino,
quattro alici, un pummidoro,
te prepara un sugo d’oro.
Sarai magnata ar chiaro di luna
perché le corna porteno fortuna!”

Golosissima anche la ricetta dele lumachine cucinate dallo chef Salvatore Commisso all’Acchiappafantasmi. Morbidissime e saporite, sono di vigna e si sposano in padella con i pomodorini calabresi. Quanto al galateo… si mangiano rigorosamente con le mani e uno stecchino!

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Il profumo della Luna di Cyrano

Cappesante, mattoncino di patate, tartufo bianco, erbe e fiori primaverili

Cyrano racconta un immaginario viaggio sulla Luna, dove sarebbe arrivato grazie a un sistema di trasporto alquanto ecologico: “applicai intorno al mio corpo una gran quantità di ampolle piene di rugiada; il calore del Sole, attraendo la rugiada, sollevò anche me, fino a quando mi trovai in cima alle montagne. Però dato che la forza di attrazione mi faceva salire troppo rapidamente, decisi di rompere le ampolle una dopo l’altra per poter discendere più in basso”

Gli strani abitanti dell’astro celeste hanno abitudini particolari, anche in fatto di alimentazione: “…conservano, in particolari vasi fabbricati appositamente, il profumo dei cibi più diversi; a tavola il vaso viene aperto e il profumo che si diffonde è goduto da tutti i presenti…”

Cyrano de Bergerac, Storia comica degli Stati e degli Imperi della Luna, 1657

Pare guardare alla Luna descritta da Cyrano e all’eccitazione dell’olfatto il piatto creato da Damiano Nigro, chef del ristorante Villa Amelia, nelle Langhe piemontesi. Travolge il profumo del tartufo bianco poco convenzionalmente spolverato sulle cappesante, paffute ampolle di gusto marinaro, come pure sul mattoncino di patate, che forma una morbida cintura, intrecciato a erbe e colorati fiori primaverili.

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