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l’Angelo custode del maiale

“Se io non sarò me stesso, chi lo sarà per me? E, se non ora, quando?”
proverbio talmudico

Un maialino e un uomo dal naso storto bevono al bar. L’uomo scorre indeciso la lista pensando “se ordino un alcolico mi scambiano per un beone, ma se scelgo una gazzosa sembro un debosciato, voglio dare di me una certa impressione… ma quale?” Il  maialino invece ordina senza esitazioni un calice di Cannonau che gli viene servito con una polenta ai porcini e lumachine di mare in porchetta. “Ottimo inizio”, è il primo pensiero del suino, mentre  apre una copia de “La fiera letteraria” e intanto fa roteare il vino nel bicchiere facendone sprigionare i profumi di ciclamino e sottobosco che inspira col roseo musetto, per poi porgerlo all’uomo dal naso storto, che accetta volentieri quel  tempestivo salvataggio. Lo centellina e intanto rigira fra le mani il biglietto dello spettacolo Il divo Garry di Francesco Macedonio appena visto a teatro. Gli è proprio piaciuto, forse perchè si è un po’ identificato nel protagonista interpretato da Gianfranco Jannuzzo.

Intanto il maialino non rimane con gli zampetti in mano e ordina due scampi e qualche puntarella. Quel loro sapore dolce agro gli è congeniale e gli distende i nerv…evetti. L’uomo dal naso storto non può fare a meno di ammirare il porcellino che gli appare molto sicuro di sè. Vorrebbe essere così anche lui, gli dice, ma, a furia di comportarsi in modo sempre diverso per compiacere ed essere amato da chi lo circonda, ha finito col perdere di vista se stesso e non sa più chi è davvero nè quali sono i suoi desideri. Il maialino grugnisce stupito perchè lui, di nobilie origine biologica e natio del Lazio, non ha mai avuto crisi di identità. Il merito è del suo Angelo custode, che di cognome fa Troiani e che nel suo ristorante trasforma il Convivio in una festa. È stato l’Angelo a fargli conoscere gli amici Scampi e le sorelle Puntarelle, per non parlare degli Straccetti di farina Kamut biologica al cumino con ceci per i quali va in brodo di giuggiole. Amore a prima vista, celebrato con un vino rosso. Al maialetto quella zuppa piace tanto che lo chef, per compiacerlo, la tiene affettuosamente in carta dal 9 dicembre al 4 gennaio anche se ufficialmente è dedicata agli Assaggi di Teatro.

Il porcello grufola poi in estasi quando incontra l’Amatriciana, roba da intenditori, con le gocce di aceto balsamico che la rendono davvero unica per sapore ed equilibrio, di una dolcezza che lo commuove ogni volta come fosse la prima. Massimo Troiani, fratello del suo Angelo e vera autorità in fatto di vini, gli ha insegnato ad abbinarla al Cannonau 2004 che, per quella freschezza dovuta al non passaggio in legno e le sue note di china e aceto balsamico, ci va a nozze. L’uomo dal naso storto ascolta ammirato le estasi culinarie dell’amico in rosa che sa rimanere se stesso anche quando quell’Angelo di chef lo cucina per le feste in cento variazioni. Ne è dimostrazione il trittico che rende il sapore dell’ingrediente principale sempre invitante e ben riconoscibile. Le costolette di maiale ammandorlate e posate su un cuscino di cicoria hanno un piacevole accento di pistacchio, mentre la polpettina di carne di maiale in umido con cardi e la pancia confit con la sua sella croccante e irresistibile (protagonista insieme al pittore Watts delle Affinità elettive), esigono il tannino del vino rosso.

Il porcellino, ormai decisamente svezzato, si specchia nel pozzo dorato dai profumi di zafferano di un vino passito e, pregustando i sapori dolci e salati del tortino speziato con sorbetto di loto, salsa di cioccolato e guanciale croccante, si commuove e una lacrima gli riga le setole ben spazzolate. L’uomo dal naso storto chiude gli occhi, conquistato dal desiderio di trovare se stesso, realizzarsi nella verità e nella libertà, cancellare quell’io che fino a quel momento è stato essenzialmente un essere per l’altro. Quando li riapre il porcellino è scomparso dal locale e si accorge anche di non essere in un bar ma nel salottino di un ristorante. Un uomo dalla cravatta che definire sgargiante non renderebbe l’idea, gli viene incontro con sorriso aperto e leale e lo invita a seguirlo a un tavolo elegantemente apparecchiato per lui.

Un giovane uomo arriva recando un ampio vassoio d’argento dal quale con l’abilità con cui il mago estrae il coniglio dal cilindro, fa emergere un  piatto  subito servito: è un’insalata di nervetti di maiale, scampi e puntarelle con prezzemolo, pinoli, alici e limone. L’uomo assaggia un boccone, il sapore è raffinato ma anche familiare, sembra arrivargli dritto al cuore, gli piace… ha scavalcato la propria ombra ormai e, finalmente libero di esprimere da quel momento in poi la sua più autentica personalità, sente di avere un Angelo alla sua tavola.
Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro

si ispira a Il divo Garry, uno spettacolo diretto da Francesco Macedonio


Assaggi di… maiale
Angelo Troiani dedica a Il divo Garry gli Straccetti di farina Kamut biologica al cumino con ceci e brodo di maiale


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta degli Straccetti di farina Kamut biologica al cumino con ceci e brodo di maiale di Angelo Troiani

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Assaggi di Teatro 2008-2009 è un incontro di gusto fra Roma gourmet, ETI Ente Teatrale Italiano, Assessorato alle Politiche della Cultura e della Comunicazione del Comune di Roma
in collaborazione con Arsial

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Babayaga



Il fascino discreto dello Scorfano e Sciascia

Il mefistofelico Don Gaetano nato dalla penna di Leonardo Sciascia biasima, in una pagina di Todo modo, “coloro che non si curano di ciò che mangiano” e definisce eroe, paragonandolo a Catone, il cuoco e maestro di cerimonie francese Francois Vatel: suicidi entrambi, il primo “per la libertà che se ne andava” e il secondo “per il pesce che non arrivava”.
Il pesce di Vatel in realtà arrivò, anche se con fatale ritardo, e per Assaggi di Teatro Massimo Riccioli lo rende protagonista di un’intensa interpretazione dell’opera del suo conterraneo, messa in scena da Fabrizio Catalano Sciascia e Maurizio Marchetti. In una giornata molto speciale al ristorante La Rosetta forme, sapori, colori e profumi marini si inseguono e corteggiano, intrecciandosi in un saporitissimo labirinto dove gli ospiti dell’eremo di Zafer si perderebbero volentieri.

La mano vaga indecisa ma piena di desiderio sulle crude delizie della imponente piramide di ostriche, faraonico omaggio al palato raffinato del moderno Lucullo e che, per essere un “cibo del tutto insoddisfacente per il lavoratore”, ma “perfetto per il sedentario, come cena prima di una bella dormita” (A.J. Bellows), più che alla penichella invitano i sensi dei partecipanti al ritiro spirituale ad accendersi. E li preparano al pesce che i gourmand  immediatamente associano alla Sicilia: il tonno, qui appena scottato ma decisamente caduto in amore per un’oca, anzi per il suo fegato grasso. Gli fanno compagnia un’insalata di tenere puntarelle romane irrorate di aceto di Marsala e le eleganti sensazioni di glicine e prugna gialla del vino bianco delicato nella leggera speziatura di pepe bianco, frutta secca e agrumi.

La Sommelier Francesca Tradardi stappa poi un vino la cui sapidità si stempera nella dolcezza della girandola di gamberi rossi croccanti, portati in tavola con misticanza di campo in salsa di limone; un piatto ricco e complesso, dove la frittura è leggera e perfettamente sgrassata dalla fragranza del Vermentino con i suoi delicati profumi floreali di erbe spontanee di campo e salvia.
Massimo Riccioli in persona porta poi in tavola lo spettacolare Astice blu servito intero teneramente abbracciato alle linguine e incastonato fra pomodori datterini di Terracina. La forchetta si muove come l’aspersorio del prete todo modiano su questo piatto ricco e potente che esige la struttura e i profumi solari dello Chardonnay. I riflessi d’oro e le carezze morbide e vitali del vino si concedono anche allo Scorfano grigliato ai quattro sali con insalata di carciofo romano piatto dedicato da Massimo Riccioli ad Assaggi di Teatro.

Il ritiro spiritual-culinario a La Rosetta si chiude con Bavarese di arance e Sacher al mandarino con il suo sorbetto, alla quale il vino porta, come un canto di sirene, i ricordi della macchia mediterranea, con profumi di frutta secca e candita e piacevole finale ammandorlato.

La mano davvero felice dello chef, il calibrato gioco di armonie e contrasti, le cotture attente, sono frammenti di uno specchio che riflette la tecnica perfetta di Massimo Riccioli e ricordano una delle battute di Don Gaetano: “il cuoco…  un uomo intelligente, e si vede da come cucina”. Virtù non scontata in tempi di schiume e virtuosismi culinari da piccolo chimico e forse “Todo modo per buscàr la voluntad divina”, come diceva Ignazio di Loyola. Lo spirito soffia dove vuole e il prodigio, come sempre, è nell’uomo.
Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro
si ispira a Todo modo, uno spettacolo di Fabrizio Catalano tratto dal romanzo di Leonardo Sciascia


Assaggi di… Scorfano
Lo Chef Massimo Riccioli dedica a Todo modo lo Scorfano grigliato ai quattro sali con insalata di carciofo romano


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta dello Scorfano grigliato ai quattro sali con insalata di carciofo romano dello Chef Massimo Riccioli

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Se Desdemona avesse cucinato

“Cercate di riannodare nel modo migliore
I vostri legami spezzati. È sempre meglio
Avere un’arma spezzata che restare a mani vuote.”
Otello, I, III

Il Trattato di culinaria per donne tristi di Héctor Abad Faciolince invita a “eccitare i sensi, tutti i sensi” che una volta risvegliati sono utili “a farli partecipare al rito dell’abbraccio”. Se Otello avesse accolto la preghiera di Desdemona “uccidetemi domani, lasciatemi vivere ancora questa notte” e lei avesse usato quelle ore per cucinare, sarebbe riuscita a ridestare la tenerezza dello sposo e a salvarsi? Ecco il quesito posto da Assaggi di Teatro ad Anthony Genovese e Marion Lichtle de Il Pagliaccio. La risposta è in un percorso di degustazione volto a risvegliare i sensi dell’Otello impersonato da Sebastiano Lo Monaco con piatti pensati da Desdemona, vissuta da fanciulla nella città lagunare fra saline, pescato, spezie preziose giunte al porto, ma anche vigna e orto, colture adatte alla terra salsa.

Nella città dei Dogi da cui Desdemona proviene la questione della tavola è talmente importante da travalicare l’atto del mangiare per divenire una manifestazione di prestigio inscenata per impressionare l’ospite. Il banchetto è pertanto scenografia, coreografia, finzione. È spettacolo. Un’arte raffinata che la nobile veneziana certamente conosce e nella quale confluiscono cibi e vini ricercati, preparazione della tavola, servizio e intrattenimento, per appagare allo stesso tempo occhio e palato.
Riprendiamo l’invito del Trattato di culinaria a risvegliare tutti i sensi, a partire dalla vista “con parti strategiche nascoste e scoperte del tuo corpo, con una combinazione armoniosa di colori nel piatto”. Ecco che la tavola di Otello e Desdemona scompare sotto un mare di tessuti e tappeti turcheschi provenienti dall’Oriente a loro volta ricoperti da tovaglie in lino operato con piccoli disegni a spina di pesce o a occhio di pernice che al Pagliaccio divengono sinuose linee ricamate tono su tono sulle quali l’occhio si perde come in un labirinto.
Il primo piatto è un appetizer  che richiama nei colori e nelle consistenze i tratti dei due protagonisti shakespeariani: la burrata, lattea e vellutata con gocce ambrate che paiono efelidi, fa da sfondo al fegato bruno, audace ed elastico, sormontato da erbe gentili che paiono provenire dagli orti della pianura liquida. “Per il tatto lascia che la pelle sfiori la pelle e le dita separino la crosta dal pane” pensa la veneziana mentre, adornato il petto di pietre preziose, offre a Otello le turgide cappesante cucinate alla piastra e posate su rotelle e cidro di mele, cosparse di briciole di pane speziato e noci e pois di barbabietola rossa.

A rendere perfetto il rito conviviale che deve salvare Desdemona arriva il coppiere che come vino più adatto ai sapori delicati ma decisi dei sensualissimi cannelloni croccanti ripieni di polpa di granchio con crema di broccolo romano ed esotico zenzero sceglie un vino dalla personalità ben definita. Gli aromi di agrumi dello Chardonnay conducono al felice approdo dei polposi Ravioli di sola Seppia in profumato fumetto di pesce e ricci di mare crudi piatto dedicato da Anthony Genovese ad Assaggi di Teatro. Nei due ravioli si fondono i caratteri peculiari dei due sposi: la sfoglia, eterea e trasparente, simboleggia l’innocenza e la sincerità di Desdemona, mentre il deciso sapore di mare della seppia tinta del suo inchiostro ben rappresenta la forza e il vigore di Otello. Le scorze di cedro e i ricci di mare crudi che ne decorano le rotondità congiurano a esaltare l’olfatto, preparando “il naso con piacevoli odori di cibo che annunciano i gustosi profumi della carne” ed evocando i sapori dell’Oriente e quelli lagunari, richiamati anche dai cannolicchi di mare (al lardo) compagni del San Pietro cotto nelle foglie d’alloro servito su crema di ceci “Oh, fiore selvatico, così amabilmente bello, così soavemente profumato, che tormenti i sensi!” Otello, IV, II

E mentre il piccione incontra l’Oriente e il Mediterraneo legandosi a spaghetti di soba, salsa alle fave di tonka e cacao e immergendosi nelle odorose profondità del vino, Marion suggella la salvezza di Desdemona in un dolce della tradizione che sintetizza con i suoi ingredienti tutti i sentimenti e le passioni del dramma shakespeariano. La Finanziera all’ananas (frutto aspro come la gelosia di Otello: “Il mio linguaggio è aspro; io non conosco le molli parole della pace” Otello, I, III) e zafferano, gelato di panna (dolce come il carattere mite ma appassionato di Desdemona: “Una ragazza timida, così quieta e tranquilla che arrossiva perfino di se stessa” Otello) e rhum (l’alcol che rappresenta la furbizia di Jago e il suo tranello: “potrei soffiare nell’orecchio di Otello che Cassio ha troppa confidenza con sua moglie… il Moro è franco e leale e giudica onesti tutti gli uomini… si lascerà senz’altro menare per il naso come un asino” Otello), preceduta dal sorbetto al limone con polvere di cannella e seguita da una gelatina al tè verde con zenzero e da paffuta pasticceria che scongiura la malignità di Iago: “il cibo ora dolce come le carrube, gli sarà tra poco amaro come l’assenzio” (Otello, I, III).

Ecco che proprio quando la liturgia laica del convivio si sublima nel gesto di chi versa generoso il vino nei calici di tutti i presenti al banchetto, abbagliati dai riflessi dorati come miele moltiplicati dalle pietre preziose che adornano il collo di Desdemona, Otello si slaccia il farsetto e posa sul proprio petto la mano della sposa: “non so esprimere come vorrei la mia felicità: mi fa nodo alla gola, è troppo forte per me. E questo sia il più grande disaccordo che possa nascere dai nostri cuori!” (Otello, II, I). L’ira è placata, stemperata nell’arte del banchettare, nei piatti spettacolari e nei vini pregiati (che divengono strumenti di armonia, dopo l’utilizzo “improprio” da parte di Iago che usa il vino per esasperare gli animi: “se riesco a fargli andar giù un altro bicchiere, diventerà ringhioso e aggressivo come un cane” Otello II, III) sbrogliata nel teatro perpetuo e nella sacralità dei gesti che a tavola si compiono e nel nodo di finzione e verità nei calici dissolto.
Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro

si ispira a Otello, uno spettacolo di Roberto Guicciardini tratto dalla tragedia di W. Shakespeare e interpretato da Sebastiano Lo Monaco


Assaggi di… Seppia
Lo Chef Anthony Genovese dedica a Otello i Ravioli di sola Seppia in profumato fumetto di pesce e ricci di mare crudi


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta dei Ravioli di sola Seppia in profumato fumetto di pesce e ricci di mare crudi dello Chef Anthony Genovese

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le pietre preziose fotografate e il gioiello indossato dalla sig.a Basile
durante la performance dedicata all’Otello sono di
Babayaga

Assaggi di Teatro 2008-2009 è un incontro di gusto fra Roma gourmet, ETI Ente Teatrale Italiano, Assessorato alle Politiche della Cultura e della Comunicazione del Comune di Roma
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Babayaga



11 ottobre. Roma gourmet invitata al Convegno sul peperone tipico di Voghera

Un Convegno dedicato alla riscoperta di un pregiato prodotto del territorio vogherese è stato l’occasione per illustrare il progetto Assaggi di Teatro fuori dai confini capitolini. Relatori al Convegno intitolato “Il peperone di Voghera: prospettive per il futuro”: Prof. Luigi Toscani Preside ITAS “Gallini”; Prof. Pier Luigi Megassini, Presidente Ass. di Tutela e Valorizzazione del peperone di Voghera; On. Angelo Zucchi, Vice Presidente Commissione Agricoltura Camera dei Deputati; Prof. Mario Defelippo,  Docente di Agronomia; Dott. Carlo Torti, Esperto Europeo in Proprietà Letterarie – Marchi e Brevetti; Dott.ssa Maria Luisa Basile, Ideatrice e curatrice Roma gourmet; Moderatore Prof. Giuseppe Nervo, Docente incaricato di Orticoltura  Facoltà di Agraria, Piacenza

[continua]

Finalmente domenica

“Il piacere della tavola è di tutte le età, di tutte le condizioni, di tutti i paesi e di tutti i giorni” scrive Anthelme Brillat-Savarin nelle sue meditazioni di gastronomia raccolte nella Fisiologia del gusto. L’aforisma gourmet ben si attaglia ai riti conviviali della famiglia che intorno alla mensa stringe i legami e li rinnova, soprattutto nel rito del pranzo della domenica, un giorno più speciale degli altri. Perché mangiare alla stessa tavola è simbolo dell’unità di una famiglia.

Ogni popolo associa determinati cibi a feste familiari come compleanno, iniziazione e matrimonio. Mangiare il cibo è il gesto simbolo della comunione (si può sussistere insieme solo se si condivide, tanto che nelle società tradizionali era sconveniente mangiare o bere da soli in presenza di altri), del dare e del ricevere e del dialogo. È lo strumento da sempre usato per riannodare i fili spezzati da lontananza, difficoltà, segreti e per riavvolgere il filo della memoria, dipanato dall’attrice Marina Malfatti nell’opera Và dove ti porta il cuore di Emanuela Giordano tratta dal romanzo di Susanna Tamaro. Condividere unisce, perchè conferma e rafforza i vincoli familiari E se le festività rappresentano da sempre un momento molto alto dell’arte culinaria tradizionale, questo è particolarmente vero per un locale storico di Roma come La Rosetta che la domenica propone un menu specchio della propria storia e dei piatti marinari che tradizionalmente si offrono la domenica. Ecco che allora dopo un gazpacho di pomodoro e zucca con uova di riccio e sedano concassé di benvenuto, arrivano in tavola i riflessi argentei di un classico della cucina marinara, le stuzzicanti alicette pescate nel Mediterraneo, il mare che la nostra cultura identifica con il viaggio rischioso di Ulisse.

Le alici, in passato piatto povero e popolare, diventano una prelibatezza grazie alla mano felice e leggera dello Chef Massimo Riccioli che le serve marinate su crostini insaporiti con i capperi di Serraghia da tuffare nelle fresche profondità del vino bianco che con i suoi profumi di mallo di mandorla regge bene la marinata di aceto e peperoncino fresco delle alicette fresche appena pescate. Le note croccanti della fragrante fritturina di paranza di Anzio accompagnata dal succo di pomodori tardivi intrecciano sul piatto un girotondo di profumi e sapori che inebria, esaltati dal vino che regge perfettamente il gazpacho e accompagna bene il pesce cotto velocemente e fritto, sgrassandolo. Dopo il sorbetto al sedano le papille sono pronte all’esplosione di sapori degli spaghetti con scampi, fiori di zucca e pecorino romano e le vertigini raggiungono il culmine con le triglie alla salvia con broccolo romanesco piatto dedicato da Massimo Riccioli ad Assaggi di Teatro – cullate dalle note persistenti dello Chardonnay.

E dopo aver meditato la ricetta delle Triglie con i crostini di fegatini di triglia (raccomandandosi al pescivendolo affinché non li getti via come scarti), è tempo di godere le uve del vino passito dal profumo di albicocca mai troppo matura portato nel bacino del Mediterraneo dai Greci, ideale per il brindisi finale insieme al festoso tortino di ricotta e visciole di fattura e sapore delicati. Un influsso addolcente e un augurio di buon auspicio sulle nuove fasi della vita a ricordare il monito di Susanna Tamaro a non “credere che la vita sia immutabile, che una volta preso un binario lo si debba percorrere fino in fondo”. Perché il destino “ha molta più fantasia di noi”.
Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro
si ispira a Và dove ti porta il cuore, uno spettacolo di Emanuela Giordano tratto dal romanzo di Susanna Tamaro


Assaggi di… triglia
Lo Chef Massimo Riccioli dedica per Assaggi di Teatro a Và dove ti porta il cuore le Triglie alla salvia con tortino di broccolo romanesco


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta delle Triglie alla salvia con tortino di broccolo romanesco e crostini con fegato di triglia dello Chef Massimo Riccioli

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