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Manzo Kobe


Il manzo che veniva dal Giappone

Una pregiata e rara carne di manzo giapponese, ottenuta con metodi di allevamento leggendari che prevedono l’ascolto di Mozart, sorsi di birra e massaggi con guanto di crine

Il Kobe è un manzo di razza Kuroge Wagyu (capi dal manto nero) proveniente dalla provincia Hyogo Prefecture, l’antica Tajima. Ne è prova il fatto che i veri intenditori chiamano il manzo Kobe Tajima Beef.
Per poter essere denominato Kobe, l’animale deve provenire da Hyogo, nel Giappone orientale e rispettare le rigide procedure di allevamento lì imposte. Innanzitutto nelle stalle viene diffusa musica classica, perché la carne di animali felici e rilassati è migliore e poi i vitelli vengono nutriti a birra e grano e massaggiati con un guanto di crine. Le ragioni della particolare dieta riservata ai manzi sono legate al calo di appetito degli animali in estate a causa di caldo e umidità, e che la birra riesce invece a stimolare, impedendo il calo di peso. Il massaggio con il guanto di crine fa sì che la carne abbia una miscela di grasso e muscolo molto inframmezzata, che le dà il tipico aspetto marmorizzato: il grasso, sciogliendosi durante la cottura, conferisce un sapore assai gustoso, dolce e vellutato e una tenerissima consistenza. La cottura avviene a fiamma vivissima su una piastra molto calda dove la carne deve essere appena scottata in modo che il grasso inframezzato non venga disperso e la consistenza risulti croccante fuori e morbidissima dentro. Ottima anche in tartare e in sashimi.

In Occidente la carne Kobe è pressoché introvabile, sia per gli elevati costi di allevamento, sia per l’alta percentuale di grasso (le modalità di allevamento aumentano la diffusione della già consistente massa adiposa).



Dove gustare la carne di manzo Kobe a Roma:

Somo Asia

Sashimi manzo Kobe con avocado e verdure E. 15
Filetto manzo Kobe E. 45

altri Frammenti di un discorso gourmet:

La foto in alto a destra con maiale e fragole è tratta da Adriano Del Fabbro, L’arte della Norcineria


Cucina giapponese – Etichetta e galateo

In Giappone è estremamente scortese versarsi da bere a tavola (sono i commensali a riempire il vostro bicchiere, e voi lo riempirete a loro qualora sia vuoto), lasciare il bicchiere completamente vuoto, divorare il cibo avidamente, mangiare o bere, per esempio da una lattina, mentre si è per strada.

Prima che il pasto abbia inizio, ciascuno dice: Itadakimasu.
Alla fine del pasto si suol dire: Gochisoo-samadeshita, parole
che esprimono apprezzamento e ringraziamento per il pasto.

Di fronte a ogni commensale si dispongono bacchette, portabacchette, ciotolina per intingere.

Le bacchette

Le bacchette si separano e si posano sull’apposito piccolo supporto.
Va contro l’etichetta portare le bacchette alla bocca senza cibo.
Se ci si serve da un piatto comune o se si serve qualcuno, è educato usare l’altra estremità delle bacchette.
Non si passa il cibo dalle proprie bacchette a quelle di un’altra persona: questo gesto è considerato di grande sfortuna in quanto ricorda la cerimonia della cremazione nella quale i parenti si passano le ossa del defunto con le bacchette prima di inserirle nell’urna.
È molto indelicato anche affondare le bacchette verticalmente in una ciotola di riso, perché ai giapponesi ricorda l’incenso dei funerali.

Ordine delle portate
Non esiste un rigido ordine corretto per mangiare il sushi
anche se si può seguire qualche indicazione.
L’inizio del pasto è solitamente affidato a qualche fetta di sashimi. I giapponesi servono servono spesso una zuppa sia all’inizio (sui mono) sia alla fine (miso shiru, accompagnata da una ciotola di riso e da sottaceti) del pasto.
Il sashimi si mangia con le bacchette prendendo le fettine di pesce una per una e intingendole appena nella salsa di soia nella quale si è sciolta una punta di wasabi.
Invece il sushi può essere mangiato con le mani (tenendolo fra pollice e indice), in fondo nasce come cibo di strada!
I pezzi di sushi vanno mangiati in un solo boccone; mordere un pezzo di sushi e rimettere il boccone restante sul piatto è considerato poco educato.
È preferibile inserire il sushi nei piatti in numero dispari,
evitando comunque il 4 che secondo la tradizione giapponese
non è di buon auspicio.

Come intingere il sushi
Intingere un pezzo di sushi nella salsa di soia senza disintegrarlo e senza lasciare grani di riso galleggianti è un’arte.
Si versa una piccola quantità di salsa di soia in una ciotolina. Inclinato il pezzo di sushi su un lato, lo si afferra (con le bacchette o con le mani). Con un movimento del polso si ruota leggermente la mano per intingere nella salsa solo la guarnizione e si porta il sushi alla bocca capovolto, in modo da percepire per primo il sapore della guarnizione e del condimento.
Il sushi non va mai sommerso in quanto il riso assorbirebbe completamente la salsa di soia e i delicati sapori dell’involtino sarebbero coperti dal gusto intenso del condimento che prevaricherebbe la studiata miscela di aceto di riso del riso sushi che inoltre si disferebbe.

Salsa di soia e wasabi
Salsa di soia e wasabi servono a esaltare il sapore del cibo e non a coprirlo e vanno quindi impiegati con moderazione. Se si ama particolarmente il wasabi e si sta gustando il sashimi, se ne può spalare una punta su una fetta per poi intingerla velocemente nella salsa di soia. Così si potranno apprezzare il profumo e il sapore dle pesce e l’essenza di wasabi e salsa di soia.

Lo zenzero
Lo zenzero rosa sottaceto affettato sottile accompagna il sushi e il sashimi. Lo scopo è pulire il palato e perciò se ne dovrebbe mangiare una sola fettina alla volta, quando si alternano i sapori

Cucina giapponese a Roma

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Etichetta
Le norme di etichetta giapponese a tavola non sono rigorose e sentirsi a proprio agio rilassandosi, permette di intensificare il piacere della degustazione.

 

Pur padroneggiando [la situazione], mostrare all’avversario una mossa [falsa] per trarre vantaggio dalla sua tranquillità.

[Il libro dei mutamenti dice:] “L’aumento: movimento e flessibilità”.

Spiegazione

“Ciò che è, non è.

Ciò che non è, è”

Sanshiliuji: I 36 stratagemmi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cucina giapponese – Tradizione e Filosofia

Nella filosofia di vita giapponese la ricerca della perfezione estetica è un valore importante. Bellezza, rigore formale e sensibilità estetica sono radicate nella tradizione e in molte pratiche del quotidiano, dalla calligrafia alla pittura, dall’ikebana (disposizione dei fiori) allo tsutsumi (impacchettamento dei doni) e caratterizzano anche la cucina, scaturendo tutte dal medesimo orizzonte spirituale, lo Zen.
Per la sensibilità giapponese il piacere procurato dal cibo è formato da molte componenti: visiva, gustativa e tattile. La cucina giapponese è pertanto un’esperienza multisensoriale che coinvolge il gusto e ancor prima la sensibilità estetica, sollecitata dalla bellezza della presentazione dei cibi, dall’armonia dei colori nel piatto, dall’equilibrio degli accostamenti.
La bellezza del piatto è una componente della sua bontà che è costituita da cura dei particolari, scelta di stoviglie e utensili, porzionatura dei cibi e loro disposizione sui piatti e sulla tavola in una ponderata distribuzione fra pieni e vuoti. Questo intreccio fra pieno e vuoto manifesta anche una deliberata incompiutezza, una forma di volontario ritegno, di ineffabile sobrietà, qualcosa di taciuto.
L’irregolarità è un piacere, capace di suscitare sensazioni di ritmo e movimento.
La bellezza della presentazione non deve sgretolarsi nello svolgersi del pasto.

La preparazione del cibo è simile a un rito antico nel quale ogni gesto, compiuto all’infinito e perfezionato, è espressione di un gusto e di una cultura millenaria.
Mangiare giapponese è un’esperienza culturale che permette di “assaporare” la concezione religiosa e filosofica buddista dalla quale questa cucina trae i principi fondamentali. Ne sono esempi il profondo legame con la natura, la ricerca di armonia con quanto ci circonda e il rispetto del rito delle stagioni nell’impiego degli ingredienti.
Nella cucina giapponese la coerenza fra tecniche culinarie e dispositivo scenografico ha proprio origine nel modo di intendere la natura, di rispettarla e accudirla. La venerazione della freschezza e della stagionalità dei prodotti e la scelta dell’ingrediente crudo o poco cotto per conservarne le caratteristiche naturali nella forma e nel gusto e le proprietà salutari, esprimono il significato simbolico di un accostamento privilegiato alla natura.
Nella cucina giapponese i sapori devono armonizzarsi mantenendo ognuno la propria essenza, senza confondersi. Ecco perchè la cucina rifugge la trasformazione dei cibi, l’artificio, le decorazioni bizzarre, rifiutate come mistificazioni che corrompono il sapore naturale degli alimenti.

Cucina giapponese a Roma

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Elisir di lunga vita
L’alimentazione giapponese tipica a base di riso e pesce ha grandi vantaggi salutistici, confermati dall’aspettativa di vita media dei giapponesi che è la più alta al mondo.

L’apporto calorico del SUSHI è basso: i pesci a carne bianca (branzino) han meno di 100 calorie per 100 gr; i pesci più grassi (sgombro, tonno) han meno di 200 calorie per 100 gr. Alcuni pesci grassi (sardine, aringhe, sgombri) son ricchi di acidi grassi omega-3 che svolgono un ruolo importante nella prevenzione di ictus, patologie cardiache e artrite.

Il RISO è un’ottima fonte di carboidrati e proteine. La SALSA DI SOIA è a base di fagioli di soia fermentati ricchi di proteine, magnesio, potassio e ferro. La soia contiene fitoestrogeni, validi nel trattamento dei disturbi della menopausa. Lo ZENZERO è un efficace antisettico naturale; favorisce la digestione e rafforza il sistema immunitario, aiutando il corpo a combattere raffreddori e influenze. L’ACETO DI RISO ha ottime proprietà antibatteriche, favorisce la digestione, tonifica e diminuisce il rischio di ipertensione. Le ALGHE NORI contengono proteine, minerali, vitamine A, B1, B2, B6, C e prevengono l’accumulo di depositi di colesterolo nelle arterie. Il WASABI è ricco di vitamina C, favorisce la digestione e ha ottime proprietà antibatteriche

Hagakure

La parola Hagakure è composta da due ideogrammi 葉隱 o 葉隠 che significano foglia e nascondere. Si potrebbe perciò tradurre con l’espressione All’ombra delle foglie o Nascosto dalle foglie.
Letta e interpretata in modo corretto, l’opera rivela un pensiero complesso e positivo, invitando alla riflessione e fornendo uno strumento per la ricerca interiore.
I valori dell’obbedienza e della fedeltà non sono legati alla morte fisica, ma alla soppressione del proprio Ego per raggiungere la perfezione nella fedeltà ai propri ideali. Il seppuku non è il suicidio occidentale indotto dalla disperazione, ma la manifestazione della lealtà verso il dovere e l’esaltazione di ideali morali umani. Attraverso la vittoria sulla paura della morte, si raggiungono la libertà e la pace interiore, si colgono la gioia e la bellezza racchiuse in ogni singolo istante. Si vive il momento presente nella sua unicità.

La parola Hagakure è composta da due ideogrammi 葉隱 o 葉隠 che significano foglia e nascondere. Si potrebbe perciò tradurre con l’espressione All’ombra delle foglie o Nascosto dalle foglie.
Letta e interpretata in modo corretto, l’opera rivela un pensiero complesso e positivo, invitando alla riflessione e fornendo uno strumento per la ricerca interiore. I valori dell’obbedienza e della fedeltà non sono legati alla morte fisica, ma alla soppressione del proprio Ego per raggiungere la perfezione nella fedeltà ai propri ideali. Il seppuku non è il suicidio occidentale indotto dalla disperazione, ma la manifestazione della lealtà verso il dovere e l’esaltazione di ideali morali umani. Attraverso la vittoria sulla paura della morte, si raggiungono la libertà e la pace interiore, si colgono la gioia e la bellezza racchiuse in ogni singolo istante. Si vive il momento presente nella sua unicità.

Cucina giapponese a Roma

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Yamamoto Tsunetomo
山本 常朝

(1659 – 1719)

Nacque da un’antica famiglia di Samurai nel feudo di Saga, dominato dalla dinastia dei Nabeshima. Visse in un’epoca di pace ma non accettò mai il cambiamento e continuò a coltivare gli antichi ideali guerrieri. Figure decisive nella sua formazione furono il monaco zen Tannen, il dotto confuciano Ishida Ittei. Quando il suo daimio Mitsushige morì, nel 1700, essendo ormai proibita la pratica del suicidio rituale (seppuku), scelse di divenire monaco buddista.

Nel monastero buddista di Kurotsuchibaru dove si era ritirato ammaestrò all’antico codice d’onore il giovane Tashiro Tsuramoto. L’allievo trascrisse le conversazioni col maestro e le raccolse negli undici volumi che compongono l’opera Hagakure.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cucina giapponese – Sushi e Sashimi, arte millenaria

寿

 

 


Yamamoto Jinuemon
Ci si dovrebbe alzare alle quattro del mattino, lavare e pettinare quotidianamente, mangiare quando sorge il sole, e ritirare quando calano le tenebre. Il Samurai usi lo stuzzicadenti anche quando non ha mangiato…
da Yamamoto Tsunetomo
Hagakure
Il libro segreto dei Samurai



Come dice il proverbio: “I pesci non vivono nell’acqua limpida”; sono le alghe che permettono loro di nascondersi per crescere fino alla maturità…

… quando si sa sorvolare sui particolari e si è in grado di non prestare ascolto alle piccole lamentele, si è capaci di vivere serenamente.
Capire questo è essenziale per comprendere il carattere e il comportamento altrui

Hagakure












































La cucina giapponese è un’arte millenaria e attraverso la preparazione di sushi e sashimi il cuoco esprime il proprio senso artistico e la propria capacità di comporre piatti come mosaici, nei quali i bocconi di riso e le sottili fette di pesce si possono paragonare ai tasselli di un dipinto.

Sushi

L‘epoca di nascita di questa prelibatezza nipponica è incerta ma l’ipotesi più accreditata vuole che il sushi sia stato portato in Giappone dai monaci buddisti tornati dalla Cina nel VII secolo d.C.

Intorno al IV secolo d.C. era stata introdotta la coltivazione del riso, impiegato anche per conservare il pesce crudo che veniva disposto a strati col sale alternato al riso, tenuto pressato per alcune settimane e poi lasciato fermentare per mesi. Questo precursore del sushi dal sapore intenso è chiamato naresushi なれ鮨 ed è ancora molto apprezzato nella zona di Tokyo.

Nel XVII secolo il desiderio di abbreviare i tempi di fermentazione, portò all’introduzione dell’aceto di riso e agli inizi del XIX secolo comparve a Edo (l’odierna Tokyo) una ricetta simile al sushi contemporaneo.

I nighiri sushi 握り寿司 furono inventati da Hanaia Yohei che per primo iniziò a servire al suo banco bocconcini di riso aromatizzato all’aceto modellati a mano e sormontati da fettine di pesce crudo e crostacei.

La vendita di sushi composto a mano per strada diventò un uso, rimpiazzato a partire dalla Seconda Guerra mondiale dai banchi fissi.

I banchi esponevano una tenda bianca alla quale i clienti si pulivano le mani dopo la consumazione. Per individuare il rivenditore migliore era pertanto sufficiente guardare la tenda: più era sporca maggiore era l’afflusso e quindi migliore era il sushi offerto.

Fra i classici, oltre nighiri sushi e oshisusihi 押し寿司, si ricordano il makisushi 巻き寿司 (sushi arrotolato), involtini di alga farciti di riso, pesce, verdure e efrittata che possono assumere forme e dimensioni diverse: Futomaki 太巻き (rotolo grande), Hosomaki 細巻き (rotolo piccolo), Uramaki 裏巻き o California rolls, Temaki 手巻き (maki a forma di cono), Chirashisushi 散らし寿司 fettine di pesce crudo disposte in maniera artistica su una ciotola di riso, Gunkansushi 軍艦寿司 (sushi nave da battaglia), Inarizushi 稲荷寿司 (sushi ripieno).

Sashimi

Il sashimi è il piatto giapponese per eccellenza e consiste in pesce crudo freschissimo tagliato a fettine sottili e degustato con salsa di soia, wasabi e fettine di daikon crudo.

Si tratta di una forma d’arte commestibile nella quale bocconcini di orata, tonno, gemberi compongono paesaggi e le fettine di salmone diventano rose. la spatola spostare il riso tutto da una parte in modo che non si asciughi troppo, coprire con un panno umido e lasciare riposare. Consumare in giornata.

Il sashimi compare in Giappone in epoca Nara (710-794) da parte dello chef imperiale Daizen Shoku, che impiegava solo pesci d’acqua dolce, in particolare le carpe.

Fra XVII e XIX secolo il sashimi si diffonde in tutto il Giappone e si allarga la varietà di ingredienti impiegati, dal pesce di mare ai crostacei ai vegetali.

Oltre alla freschezza del pesce, una caratteristica fondamentale è l’abilità nel taglio, considerato un’attività professionale. I coltelli e le tecniche di taglio influiscono sulla consistenza e sul sapore del pesce. ushimi è il piatto giapponese per eccellenza e consiste in pesce crudo freschissimo tagliato a fettine sottili e degustato con salsa di soia, wasabi e fettine di daikon crudo.

Nei pranzi formali il sashimi è immancabile e viene servito come prima portata, affinchè possa essere degustato al meglio.

Le principali varietà di sashimi sono:
えび Ebi Cooked Gamberetto
ふぐ Fugu Pesce Palla
はまち Hamachi Spigola
いか Ika Calamaro
まぐろ Maguro Tonno
さば Saba Sgombro
Sake Salmone
たこ Tako Polpo
とろ Toro Tonno grasso


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Area stampa Assaggi di Teatro 2008-2009

In questa pagina si possono scaricare i comunicati stampa relativi alle performance di Assaggi di Teatro degli chef Agata Parisella, Alfonso Ernesto e Livia Iaccarino, Angelo Troiani, Anthony Genovese, Giulio Terrinoni e Massimo Riccioli.
Per essere aggiornati/e sul progetto ricevendo i comunicati stampa e le foto dei piatti nella vostra casella di posta elettronica, scrivete una richiesta a
ufficiostampa@roma-gourmet.com
e li riceverete in anteprima. Grazie

Presentazione Assaggi di Teatro – cartella stampa
Edizione 2008-2009
Massimo Riccioli interpreta La rosa tatuata
11 maggio 2009
Agata Parisella interpreta Marlene 5 maggio 2009
Massimo Riccioli interpreta Le invisibili 11 aprile 2009
Alfonso Iaccarino interpreta I ponti di Madison County
11 aprile 2009
Angelo Troiani interpreta La badante
30 marzo 2009
Angelo Troiani interpreta Ditegli sempre di si
23 marzo 2009
Anthony Genovese e Marion interpretano La strada
17 marzo 2009
Alfonso Iaccarino interpreta Masaniello 3 marzo 2009
Agata Parisella interpreta L’altra Nora  Casa di bambola
27 febbraio 2009
Alfonso Iaccarino interpreta Shakespeare 24 febbraio 2009
Giulio Terrinoni interpreta La caccia
5 febbraio 2009
Anthony Genovese interpreta I due gemelli veneziani 31 gennaio 2009
Massimo Riccioli interpreta Il dubbio
16 gennaio 2009
Anthony Genovese interpreta Il laureato
5 gennaio 2009
Agata Parisella interpreta La pelle
2 gennaio 2009
Giulio Terrinoni interpreta le feste 24 dicembre 2008
Raccolta Ricette Assaggi di Teatro 16 dicembre 2008
Enoteca Palatium interpreta Scrooge 11 dicembre 2008
Assaggi di Teatro è su Facebook www.facebook.com
Assaggi natalizi di Teatro 28 novembre 2008
Angelo Troiani interpreta Il Divo Garry 28 novembre 2008
Agata Parisella interpreta Il Vangelo secondo Pilato 18 novembre 2008
Massimo Riccioli interpreta Todo modo 10 novembre 2008
Alfonso Iaccarino interpreta Magic People Show 5 novembre 2008
Anthony Genovese interpreta Otello 21 ottobre 2008
Alfonso Iaccarino interpreta Lillipupa 21 ottobre 2008
Massimo Riccioli interpreta Va’ dove ti porta il cuore 7 ottobre 2008
Angelo Troiani interpreta Sotto paga! Non si paga! 7 ottobre 2008
Progetto ideato e curato da Maria Luisa Basile 7 ottobre 2008

A cura dell’Ufficio stampa di Roma gourmet ufficiostampa@roma-gourmet.com

Assaggi di Teatro è un incontro di gusto
fra Roma gourmet e l’Ente Teatrale Italiano
per i Teatri Valle e Quirino
realizzato in collaborazione con
Assessorato alle Politiche della Cultura
e della Comunicazione del Comune di Roma,
Arsial

main sponsor

in collaborazione con

si ringraziano

Babayaga

Ricette degli chef – zuppe

Zuppa riposata di Vignarola con salame Corallina
scampi al lemon gras e cacione

ricetta dello Chef Angelo Troiani per il ristorante Il Convivio Troiani Roma

[continua]

Il gusto dell’invisibile

“Eravamo stati invitati a un tè; lui sedeva con noi a chiacchierare, lei arrivò più tardi con dei vassoi… Entrò in silenzio, senza dare nell’occhio, come un’ombra, e nello stesso modo uscì…
…le guardai i piedi e vidi che non c’era ombra.”
Shashi Deshpande, Il buio non nasconde paure

Nella cultura indiana l’alimentazione è considerata fondamentale per preservare il benessere e la salute, mantenendo l’equilibrio fisico e spirituale fra individuo e ambiente. Lo chef Massimo Riccioli, sostenitore convinto che l’alimentazione non sia una semplice questione di sopravvivenza o solo una gratificazione del palato, ma soprattutto di benessere, guarda alla cucina indiana per rendere omaggio a tavola ai racconti delle giovani indiane, pachistane e nepalesi narrati nello spettacolo Le invisibili per la regia di Emanula Giordano e Lidia Ravera.

La ricerca dell’armonia fra corpo e spirito, uno dei principi fondamentali della religione indù, parte anche dalla confezione dei cibi e dalla selezione degli ingredienti, scelti per le loro virtù salutari. Le abitudini alimentari sono dunque influenzate dalla religione indù che, come è noto, si basa sulla reincarnazione. L’anima può passare anche nel corpo di un animale e questo ha favorito la nascita di una cucina vegetariana molto varia basata su cereali, riso, legumi, carni ovine e… pesce usato da Massimo Riccioli per cucinare le Polpette accompagnate a eterei bastoncini di zucchine, foglie di salvia pastellata e fritta e una vivace crema di barbabietola.
Il cuoco indiano de La Rosetta le accompagna con Chapati [ricetta] il pane quotidiano, il più conosciuto e diffuso in India, dove viene usato anche come piatto o come cucchiaio per portare piccoli bocconi alla bocca.

In tavola arriva poi un piatto vivacissimo, ispirato alla Festa dei Colori di Holi che si celebra il primo plenilunio di marzo, quando le persone si riversano in strada spruzzandosi addosso liquidi colorati. È un girotondo di Scampi e Gamberi rossi su una piramide di verdure, la cui dolcezza è piacevolmente contrastata da un Vermentino.
Il cibo in India, in quanto proveniente dagli dèi, ha un valore quasi sacro e un ruolo importante nelle cerimonie religiose, tanto che non di rado i cuochi vengono istruiti nei templi e provengono dalla casta più alta, quella dei bramini, in modo da garantire la purezza del cibo.

Le storie invisibili delle donne invisibili trovano voce nel toccante progetto del Teatro Stabile d’Abruzzo e acquistano sapori e profumi nelle Seppiette con broccolo romano, nero di seppia, cous cous e peperoncino giallo scelte come piatto dedicato da Massimo Riccioli ad Assaggi di Teatro in carta a La Rosetta dal 15 al 26 aprile. La sommelier le accompagna a un vino bianco con profumi delicati, sapore elegante e piacevolmente fruttato, perfetto con la dolcezza del broccolo e del cous cous.

Nei menu indiani non esistono rigide divisioni fra le portate e le pietanze vengono servite contemporaneamente, lasciando liberi di servirsi secondo il proprio gusto. Per tradizione non si usano posate, ma si mangia con la mano destra con un’abilità che lo chef mette alla prova con il Merluzzo irrorato di salsa.

La moglie indiana, che come nota la protagonista del romanzo Il buio non nasconde paure non proietta ombre, in un certo senso non esiste. Eppure, quando la scrittura non era ancora stata introdotta in India e la conoscenza era tramandata solo oralmente, i saggi avevano già elaborato una concezione filosofica per cui i problemi e le loro soluzioni partecipano di un’unica essenza, di un’unità superiore che tutto comprende. Anche la donna.

Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro
si ispira a Le invisibili, uno spettacolo diretto da E. Giordano e Lidia Ravera


Assaggi di… Seppiette
Lo Chef Massimo Riccioli dedica a Le invisibili le Seppiette con broccolo romano, nero di seppia, cous cous e peperoncino giallo


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta in pdf delle Seppiette con broccolo romano, nero di seppia, cous cous e peperoncino giallo dello Chef Massimo Riccioli

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Assaggi di Teatro 2008-2009 è un incontro di gusto fra Roma gourmet, ETI Ente Teatrale Italiano, Assessorato alle Politiche della Cultura e della Comunicazione del Comune di Roma
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Babayaga



L’amore ai tempi dell’asparago

“L’uso delle piante è di tale importanza per tutto il corso della nostra esistenza che non è possibile vivere adeguatamente e civilmente senza di loro…
John Evelyn, Cose acetose, il libro dell’insalata (Acetaria, a Discourse of Sallets)

Alla fine del Cinquecento un allievo di Paracelso, il chimico Osvaldo Crollio, propone una teoria in base alla quale forma, colore e gusto delle piante sarebbero segni lasciati dalla natura per farne capire le caratteristiche. Applicata ai germogli della pianta di asparago, detti turioni, di forma cilindrica e con la parte superiore più voluminosa, la simbologia non è difficile da immaginare. Senza tanta malizia, ma con le antiche credenze vive nella mente, lo chef Alfonso Iaccarino guarda a I ponti di Madison County di Robert James Walzer messo in scena da Lorenzo Salveti, si ispira alle scene nelle quali il nascente amore muove i primi passi in cucina e immagina che galeotte siano proprio le verdure, provenienti dall’orto e dalla campagna, asparagi in primis, che i due protagonisti insieme nettano, raschiano, sminuzzano… Partendo da questa suggestione lo Chef intesse per Assaggi di Teatro una sensuale trama di sapori catturati nell’orto de Le Peracciole sulle rocce a strapiombo sul mare del promontorio di Punta Campanella, di fronte a Capri.

Ecco allora il cavolfiore farsi eterea crema sulla quale è mollemente adagiata una chela di astice confit, in un contrasto di colore che il fotografo del Nationl Geographic certo apprezzerebbe, magari centellinando un bicchiere di Vermentino.
Zucchine, carote e melanzane si alternano ai filetti di pesce azzurro nell’erezione di una saporosa torre agrodolce che si staglia sulla porcellana bianca punteggiata da pois di salsa di prezzemolo e sorretta dalle solide note aromatiche dello Chardonnay.

Anticamente si credeva che fosse sufficiente sotterrare delle corna forate di montone (simbolo della potenza sessuale) per far crescere l’asparago, prescritto come afrodisiaco anche nel Rinascimento, con la raccomandazione di mangiarlo caldo “con un poco di sale e butirro”. In effetti la pianta, soprattutto quella selvatica, è ricca di sostanze energetiche: vitamine A, B, B2, aminoacidi e oligoelementi. Migliora le funzioni renali e rimuove i sedimenti. I turioni sono quindi associati dallo chef alla storia d’amore narrata a teatro e la Variazione di asparago verde, bianco e selvatico è il piatto dedicato dalla famiglia Iaccarino ad Assaggi di Teatro dal 15 aprile al 3 maggio. L’asparago classico è pastellato e abbinato a una salsa di mentuccia, l’asparago bianco viene grigliato e ravvivato da una salsa di peperone arrostito, mentre l’asparagina selvatica con la sua citronette ai grani di mostarda regala piacevoli brividi, prolungati dal Vermentino che conserva i sapori degli agrumi radicati nelle terre affacciate sul Mediterraneo.

Il broccolo romano diventa un mare denso e pastoso nel quale si pescano bocconi golosi di cappesante, acciughe di Cetara e pomodoro disidratato, a ricordare i prodotti che la protagonista, originaria del Sud Italia, porta nella patria adottiva, la verde Iowa negli Stati Uniti.
Le baby verdure si mescolano alle erbe del Mediterraneo e creano intorno all’agnello un recinto vegetale profumato e provocante che non si sa se divorare o scavalcare  per addentare le teneri carni dell’agnello da svezzare con un Cannonau.

Al momento del dolce l’evocazione all’orto è più forte e sensuale che mai, a partire dalla tentatrice macedonia di fragole, banane al cardamomo e crema Chantilly. L’apoteosi golosa arriva poi col Concerto di limoni di Alfonso Iaccarino, dove gli agrumi del desiderio, simbolo della tavola mediterranea e prelibata icona del Sud, sono diretti con intesa perfetta dallo chef che ha inventato la cucina moderna napoletana. I preziosi limoni a forma oblunga sono ben riconoscibili nella coppa-graal che contiene la crema, contornata dalla fettina fritta e zuccherata, da bignè farciti e da un mare dorato di salsa agrumata nel quale si fa volentieri naufragio.

Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro

si ispira a I ponti di Madison County, uno spettacolo diretto da Lorenzo Salveti da Robert James Waller


Assaggi di… Asparago
La famiglia Iaccarino dedica a I ponti di Madison County la Variazione di asparagi


Assaggi di… gusto
Scarica la ricetta della Variazione di asparago: pastellato con salsa di mentuccia, bianco con salsa di peperone, selvatico con citronette degli Chef Alfonso ed Ernesto Iaccarino

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Assaggi di Teatro 2008-2009 è un incontro di gusto fra Roma gourmet, ETI Ente Teatrale Italiano, Assessorato alle Politiche della Cultura e della Comunicazione del Comune di Roma
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Festa dei Colori di Holi

 

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Aforismi gourmand

*Se t’inganno, prego el
cielo de perdere quello
che gh’ho più caro:
l’appetito.
* Arlecchino
servitor di due padroni

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Lo chef e la Luna

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I carciofi di Caravaggio

Viaggio gourmet
fra vita e opere
di Michelangelo
Merisi
detto
Caravaggio

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Articoli in abbonamento

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Pensiero di Vino

il vino mantiene
l’impronta del
legno in cui è
invecchiato

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Scaffale gourmet

il piacere
del testo goloso

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Piccoli musei

piccoli musei
grandi emozioni

 

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Miscellanea

Miscelannea di articoli e luoghi

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Asian Think

I migliori ristoranti di Cucina Asiatica contemporanea

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Chef’s anatomy

Interviste a *cuochi
e cuoche*

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Puntarelle tempestose

Roma gourmet non acquista nè consuma alcun alimento o bevanda la cui pubblicità strumentalizza il corpo delle donne, offendendone la dignità